La Divina Commedia

Canto Diciasettesimo

Canto XVII, nel quale si tratta del discendimento nel luogo detto Malebolge, che è l'ottavo cerchio de l'inferno; ancora fa proemio alquanto di quelli che sono nel settimo circulo; e quivi si truova il demonio Gerione sopra 'l quale passaro il fiume; e quivi parlò Dante ad alcuni prestatori e usurai del settimo cerchio.



3
"Ecco la fiera con la coda aguzza,
che passa i monti e rompe i muri e l'armi!,
Ecco colei che tutto 'l mondo appuzza!".


6
Sì cominciò lo mio duca a parlarmi;
e accennolle che venisse a proda,
vicino al fin d'i passeggiati marmi.


9
E quella sozza imagine di frodaGerione
sen venne, e arrivò la testa e 'l busto,
ma 'n su la riva non trasse la coda.


12
La faccia sua era faccia d'uom giusto,
tanto benigna avea di fuor la pelle,
e d'un serpente tutto l'altro fusto;


15
due branche avea pilose insin l'ascelle;
lo dosso e 'l petto e ambedue le coste
dipinti avea di nodi e di rotelle.


18
Con più color, sommesse e sovraposte
non fer mai drappi Tartari né Turchi,
né fuor tai tele per Aragne imposte.


21
Come talvolta stanno a riva i burchi,
che parte sono in acqua e parte in terra,
e come là tra li Tedeschi lurchi


24
lo bivero s'assetta a far sua guerra,
così la fiera pessima si stava
su l'orlo ch'è di pietra e 'l sabbion serra


27
Nel vano tutta sua coda guizzava,
torcendo in sù la venenosa forca
ch'a guisa di scorpion la punta armava.


30
Lo duca disse: "Or convien che si torca
la nostra via un poco insino a quella
bestia malvagia che colà si corca".


33
Però scendemmo a la destra mammella,
e diece passi femmo in su lo stremo,
per ben cessar la rena e la fiammella.


36
E quando noi a lei venuti semo,
poco più oltre veggio in su la rena
gente seder propinqua al loco scemo.


39
Quivi 'l maestro "Acciò che tutta piena
esperïenza d'esto giron porti",
mi disse, "va, e vedi la lor mena.


42
Li tuoi ragionamenti sian là corti;
mentre che torni, parlerò con questa,
che ne conceda i suoi omeri forti".


45
Così ancor su per la strema testa
di quel settimo cerchio tutto solo
andai, dove sedea la gente mesta.


48
Per li occhi fora scoppiava lor duolo;
di qua, di là soccorrien con le mani
quando a' vapori, e quando al caldo suolo:


51
non altrimenti fan di state i cani
or col ceffo or col piè, quando son morsi
o da pulci o da mosche o da tafani.


54
Poi che nel viso a certi li occhi porsi,
ne' quali 'l doloroso foco casca,
non ne conobbi alcun; ma io m'accorsi


57
che dal collo a ciascun pendea una tasca
ch'avea certo colore e certo segno,
e quindi par che 'l loro occhio si pasca.


60
E com'io riguardando tra lor vegno,
in una borsa gialla vidi azzurro
che d'un leone avea faccia e contegno.


63
Poi, procedendo di mio sguardo il curro,
vidine un'altra come sangue rossa,
mostrando un'oca bianca più che burro.


66
E un che d'una scrofa azzurra e grossa
segnato avea lo suo sacchetto bianco,
mi disse: "Che fai tu in questa fossa?


69
Or te ne va; e perché se' vivo anco,
sappi che 'l mio vicin Vitalïano
sederà qui dal mio sinistro fianco.


72
Con questi Fiorentin son padoano:
spesse fïate mi 'ntronan li orecchi
gridando: "Vegna 'l cavalier sovrano,


75
che recherà la tasca con tre becchi!".
Qui distorse la bocca e di fuor trasse
la lingua, come bue che 'l naso lecchi.


78
E io, temendo no 'l più star crucciasse
lui che di poco star m'avea 'mmonito,
torna' mi in dietro da l'anime lasse.


81
Trova' il duca mio ch'era salito
già su la groppa del fiero animale,
e disse a me: "Or sie forte e ardito.


84
Omai si scende per sì fatte scale;
monta dinanzi, ch'i' voglio esser mezzo,
sì che la coda non possa far male".


87
Qual è colui che sì presso ha 'l riprezzo
de la quartana, c' ha già l'unghie smorte,
e triema tutto pur guardando 'l rezzo,


90
tal divenn'io a le parole porte;
ma vergogna mi fé le sue minacce,
che innanzi a buon segnor fa servo forte.


93
I' m'assettai in su quelle spallacce;
sì volli dir, ma la voce non venne
com'io credetti: 'Fa che tu m'abbracce'.


96
Ma esso, ch'altra volta mi sovvenne
ad altro forse, tosto ch'i' montai
con le braccia m'avvinse e mi sostenne;


99
e disse: "Gerïon, moviti omai:
le rote larghe, e lo scender sia poco;
pensa la nova soma che tu hai".


102
Come la navicella esce di loco
in dietro in dietro, sì quindi si tolse;
e poi ch'al tutto si sentì a gioco,


105
là 'v'era 'l petto, la coda rivolse,
e quella tesa, come anguilla, mosse,
e con le branche l'aere a sé raccolse.


108
Maggior paura non credo che fosse
quando Fetonte abbandonò li freni,
per che 'l ciel, come pare ancor, si cosse;


111
né quando Icaro misero le reni
sentì spennar per la scaldata cera,
gridando il padre a lui "Mala via tieni!",


114
che fu la mia, quando vidi ch'i' era
ne l'aere d'ogne parte, e vidi spenta
ogne veduta fuor che de la fera.


117
Ella sen va notandoSulle spalle di Gerione lenta lenta;
rota e discende, ma non me n'accorgo
se non che al viso e di sotto mi venta.


120
Io sentia già da la man destra il gorgo
far sotto noi un orribile scroscio,
per che con li occhi 'n giù la testa sporgo.


123
Allor fu' io più timido a lo stoscio,
però ch'i' vidi fuochi e senti' pianti;
ond'io tremando tutto mi raccoscio.


126
E vidi poi, ché nol vedea davanti,
lo scendere e 'l girar per li gran mali
che s'appressavan da diversi canti.


129
Come 'l falcon ch'è stato assai su l'ali,
che sanza veder logoro o uccello
fa dire al falconiere "Omè, tu cali!",


132
discende lasso onde si move isnello,
per cento rote, e da lunge si pone
dal suo maestro, disdegnoso e fello;


135
così ne puose al fondo Gerïone
al piè al piè de la stagliata rocca,
e, discarcate le nostre persone,
136 si dileguò come da corda cocca.
1 - 2 - 3: ero arrivato in punto dove si cominciava a sentire il fragore dell'acqua che cadeva nell'altro cerchio, simile al rumore che fanno le api dentro l'alveare; che è percepibile ma non riconoscibile in quello che succede.
4: si partiro: si allontanarono, si staccarono.
5: una torma: una schiera di sodomiti, che diversamente dai letterati e chierici del gruppo di Brunetto Latini nel precedente Canto, sono uomini politici di grande autorità.
8: a l'abito: il Boccaccio dice che a quei tempi quasi tutte le città avevano modo diverso e singolare nel modo di vestire.
9: di nostra terra prava: della nostra terra malvagia. Anche questi peccatori sono di Firenze e il dialogo politico e morale andrà a continuare quello che c'è stato con Brunetto ma con modi più generali e violenti (come avremo già capito dagli aspri suoni) che danno più rilievo alla realtà del dolore che soffrono le anime in contrasto alla grandezza, che in vita hanno mostrato questi uomini, che li coinvolge col sentimento che Dante ha sempre mostrato verso il miglioramento della società attraverso la buona e giusta politica.
11: ricenti: recenti, poiché le riconosce ancora. Vecchie: decrepite, perché orrificate dal tremendo martirio di fuoco. Incense: bruciate, arse.
13: s'attese: pose la sua attenzione su di un preciso oggetto o persona.
15: si vuole: si deve, è importante che si faccia.
17: la natura: qui intesa come ambiente vivo, anime che vengono saettate venendo ad addolorarsi e mortificarsi in luogo dove tutto è male e si perpetua nelle sue azioni.
18: che meglio stesse: convenisse, sarebbe vantaggio poiché sono personaggi nobili e valorosi da cui prendere il tuo pasto per la tua crescita morale.
19: come noi restammo: ci arrestammo davanti al loro volere parlarci.
20: l'antico verso: ricominciarono con i loro lamenti di dolore appena dopo aver chiamato Dante.
21: fenno una rota: formarono un cerchio. Ricordiamo dal Canto precendente che i dannati non possono fermarsi, e per stare al passo dei due pellegrini si mettono in cerchio e continuano a muoversi così da avere un modo di conversazione che la faciliterebbe. Tanti hanno discusso sul caso se quelle anime si tenessero appoggiandosi l'un l'altra, accennando dei lottatori che si studiano nelle prese nel verso 23. Trei: tre.
22: i campion: preso come termine tecnico del medioevo intenderebbe quella gente che dietro compenso aiutava e appoggiava altri nella disputa di duelli o discussioni teologiche, invece se prendiamo l'immagine che vuole darci il poeta, combattenti che nell'arena erano nudi e sporchi di sudore e terra, che per studiarsi si afferravano e urtavano.
23 - 24: studiando il momento migliore di attaccare per avere vantaggio, prima che ci si attacchi.
25: visaggio: la vista, lo sguardo.
26 - 27: fino a che il viso mirava al contrario dei piedi. Andando in cerchio i peccatori arrivavano a trovarsi di spalle a Dante, quindi il momento in cui si trovavano in quel modo, lo sguardo quasi andava in direzione opposta dei piedi, ritornando poi alla posizione originaria di quando il petto era verso i due viaggiatori.
28: e se la misera condizione di questo luogo debole e cedevole; che va a ricoprire sia la parte dell'immagine sia quella morale.
29: rende spregevoli, abietti noi e le nostre preghiere. "Rende" fa riferimento al luogo e cioè all'Inferno, mentre le preghiere da loro compiute sono quelle di avere un attimo di conversazione con i due poeti.
30: e 'l tinto aspetto e brollo: e il nostro aspetto annerito e bruciato.
31: da notare che l'inizio della terzina precedente "Se miseria" e l'inizio di questa "la fama", sono contrapposte nella loro etimologia, come a voler discernere il loro passato terreno e il loro presente di espiazione.
32 - 33: che calpesti, così sicuro, i piedi vivi questo luogo maledetto.
35: tutto che: sebbene, nonostante.
36: di grado maggior: di nobiltà e dignità maggiore a quella che tu possa immaginare.
37 - 38 - 39: Guido Guerra, figlio di Marcovaldo, apparteneva alla discendenza dei Guidi, e molto significativa è il suo essere nipote di Guido il vecchio e la nobile ("buona") Gualdrada Berti, a sua volta figlia di Bellincione Berti dei Ravignani. Viene ricordato per le sue doti intellettuali e di battaglia con cui scacciò i ghibellini da Arezzo, dopo poi essere stato sconfitto a Montaperti e fatto esule, fu uno delle bandiere che si distinse per il valore dato alla riscossione guelfa.
40: trita: calpesta.
41 - 42: Tegghiaio Aldobrandi: di famiglia degli Adimari quindi parte guelfa, podestà di Arezzo nel 1256, anche lui prode cavaliere di grande nobiltà e autorevolezza non solo nel suo partito ma anche nella società di quei tempi. Sconsigliò la battaglia di Montaperti, avendo grande esperienza in guerra, alla sua ala politica che fu poi sconfitta infatti l'Alighieri lo ricorda in questi versi, che la sua voce avrebbe dovuto essere ascoltata.
43: in Croce: al dolore, al tormento.
44: Iacopo Rusticucci: uomo della consorteria dei Cavalcanti di grande presenza comunale, valoroso in battaglia e piacevole nelle relazioni, si dice (come racconta Dante poco dopo) che fu spinto dal comportamento bisbetico e odioso della moglie, che allontanò da sé, ad odiare le donne così da rivolgersi allo stesso sesso per attenzioni sessuali, quindi qui punito per omosessualità. Un'altra opinione è quella del collegamento della moglie alla corrente dei Catari, che aborrivano la procreazione e di conseguenza il rapporto sessuale naturale dedicandosi così al rapporto sessuale per via anale che viene anche inteso come sodomia.
45: fiera: convinta dei suoi principi. Mi nuoce: mi ferisce, mi danneggia perché per sua colpa sono a soffrire qui.
46: coperto: difeso, protetto.
48: dottor: Virgilio. Sofferto: tollerato, permesso.
52: non dispetto, ma doglia: non disprezzo, ma dolore.
53: dentro mi fisse: mi trafisse il cuore.
54: così tanto che solo dopo lungo tempo questa pena e dolore saranno attenuati.
56: parole: dei versi 14 - 18.
57: che per quanto voi siete nobili, tale gente mi aspettavo.
60: con commozione riferii e ascoltai delle vostre storie. Da notare che "ritrassi" viene prima di "ascoltai" così da farsi intendere un motivo di più forte affetto verso questi personaggi di cui, Dante, si sentiva partecipe nei principi.
61: lascio l'amaro del peccato, e vado a conquistare il dolce del bene. La metafora viene costruita proprio sul viaggio di redenzione che il poeta fa, attraversando tutto il male per arrivare al bene attraverso tutta l'allegoria della Commedia.
63: ma prima è giusto che cada al centro del mondo (e dell'Inferno).
64 - 65 - 66: possa tu vivere lungamente e la tua fama anche dopo la tua dipartita.
67 - 68 - 69: parla e dicci se la cortesia che viveva nella nostra città, li dimora ancora o se essa l'ha lasciata. La cortesia che intende Dante è quella antica non quella medievale che aveva preso sinonimo di presenza a corte, la cortesia era la nobiltà dell'uomo nella sua espressione attraverso gli atti e le volontà tutte confacenti alle virtù.
70: Guglielmo Borsiere: fu cavaliere di corte paciere e a volte organizzatore di matrimoni come voleva il tempo d'allora, si dice fosse di animo buono e gentile. Si deduce che sia morto da poco tempo e quindi intorno al 1300, informazione portata da Dante nel verso dopo.
71: coi compagni: con i compagni di schiera, di peccato.
72: assai ci addolora con i suoi racconti, dicendoci che a Firenze non dimorano più cortesia e valore. Con queste parole il dannato non dice che le parole del Borsiere sono di dubbia attendibilità ma è l'essere scettico davanti a fatti che addolorano, è un animo incredulo davanti a delle parole che fanno male e si pone continuamente domanda se mai fossero veritiere.
73 - 74: la gente venuta da fuori città che non ha amore per la cultura e tradizione di questa terra, ha generato vanità e prodigalità nello spendere. Come ha già detto in altri Canti il poeta, pone su una delle basi della rovina di Firenze la gente venuta dal contado, che con la loro sregolatezza nel vivere e con la forza dei "subiti guadagni" hanno generato il male che adesso non si riesce ad estirpare (è ricordare il lavoro di Dante da priore, che avviò una relativa pace con l'allontanamento delle maggiori teste di entrambi i partiti). Oltre all'immoralità dei nuovi arrivati è incentrata qui anche un attacco contro la ricchezza che genera superbia e corruzione ed è rovina per se e per gli altri.
75: ten piagni: te ne addolori, ne risenti.
76: con la faccia levata: con gesto profetico e di indignazione.
77: e i tre peccatori presero come risposta alla loro domanda questa che io intesi come invettiva rivolta a Firenze.
78: si guardarono negli occhi l'un l'altro con doloroso stupore, come chi è obbligato a stare alla verità dura e cruda che gli fa male.
79 - 80 - 81: se puoi parlare così prontamente e liberamente da qualsiasi interesse soddisfacendo gli altri, sei tu felice se così parli a tuo desiderio. Intonano a Dante il complimento d'essere un uomo libero che senza obblighi di vanità o ipocrisia, parla di quello che lui pensa a riguardo senza nascondere nulla della verità.
82: però: perciò di questo. Proprio in quanto parlatore libero di pensiero e cortese nel carattere.
84 - 85: i dannati possono solo essere attaccati alla loro fama terrena poiché qui sono sporchi del peccato, quindi chiedono che quel viaggiatore ricordi alla gente viva questo momento e parlando di loro come uomini di valore.
87: isnelle: veloci, leggere.
88 - 89: potrebbe essere stato un modo di dire di quell'epoca.
90: per la qual cosa a Virgilio parve opportuno d'incamminarsi.
91: iti: partiti, allontanati.
92 - 93: il rumore assordante della cascata del Flegetonte che cade nell'abisso era così vicino che parlando a voce media si sarebbero appena uditi.
94 ... 98: mette a paragone la cascata del Flegetonte con quella del Montone che sta a San Benedetto, ulteriormente erudita nei dettagli dicendo che negli appennini c'è uno degli affluenti, che lui ha visto, che si chiama Acquacheta nato dal Monviso verso levante. Quando invece quest'ultimo produce le cascate di San Benedetto insieme ad altri corsi, nel suo letto più basso, diventa il fiume Montone. Divalli: scenda, precipiti.
99: è privo di quel nome poiché unendosi con il Ronco va a formare i Fiumi Uniti che sfociano nel mar Adriatico.
101 - 102: per cadere da una cascata invece che scendere per tante discese. Ricordiamo che davanti a loro sentono una cascata e con questi versi si vuole far intendere che se il fiume scorresse a tratti scoscesi non ci sarebbe quel frastuono che la cascata crea.
104: risonar: rimbombare, frastornare.
106: una corda: come può essere chiaro a chiunque la corda sta ad implicare un valore allegorico che negli anni è stato frammentato in davvero tanti commentatori sia antichi che moderni, l'ipotesi che più si attesta al racconto è che la corda sta a significare la frode che è il carattere di cui il peccatore si serve per dare sfogo alla sua tentazione, ricollegato così anche al ricordo della lonza che come già sappiamo è sinonimo della lussuria e nella situazione di peccato in cui Dante si trovava sarebbe stato il modo di avvicinarsi con la frode (corda). Una delle scelte secondarie sulle ipotesi può cadere invece sulle virtù che quell'oggetto allegoricamente rappresenta e che ha combattuto prima la lonza e ora terrà a bada Gerione.
108: a la pelle dipinta: dal pelo maculato, a chiazze.
111: aggroppata e ravvolta: avvolta e raccolta come una matassa.
113 - 114: la gettò in quel profondo burrone lontano dalla sponda del precipizio; affinché non rimanesse impigliata.
115: novità: qualcosa di non visto, qualcosa deve accadere per quello che il maestro ha fatto.
116: cenno: segnale, avvertimento.
117: che il maestro segue con gli occhi attentamente, come qualcuno che aspetta che si verifichi qualcosa.
118 - 119 - 120: Davvero tanto devono stare attenti gli uomini quando si trovano al fianco di persone che non vedono solo gli atti esteriori ma sono sensibili anche al pensiero interiore.
122: sogna: immagina disordinatamente.
123: è necessario al tuo andare, che tu veda chiaramente ciò che sta per arrivare.
124 - 125 - 126: a tutte quelle verità che sembrano falsità per il straordinario e sorprendente deve l'uomo farne silenzio, poiché potrebbe esser giudicato bugiardo e ingannatore. Dante sta preparando il lettore ad una venuta di un personaggio a cui nessuno mai crederebbe e il bel cogegno attuato con il consiglio appena citato in questi versi e la propria confutazione nei prossimi va a creare in chi legge una stato di alta curiosità e impazienza.
127: note: versi.
128: comedía: il titolo del poema. Per il valore attribuito dall'autore alla dizione "comedía" è da intendere: scritto umile in stile umile con lieto fine.
129: anche se queste (le note, quindi, i versi) nel futuro non siano prese a favore.
131: notando: nuotando nell'aria unta e acre.
132: maravigliosa: sorprendente, sbalorditiva. Cor sicuro: animo coraggioso e di non facile turbamento.
133 - 134: così come fa il marinaio che va giù al fondo del mare per sciogliere l'impiglio che blocca l'ancora.
136: che nuotando si distende e piega per darsi la spinta.
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