La Divina Commedia

Canto Diciannovesimo

Canto XIX, nel quale sgrida contra li simoniachi in persona di Simone Mago, che fu al tempo di san Pietro e di santo Paulo, e contra tutti coloro che simonia seguitano, e qui pone le pene che sono concedute a coloro che seguitano il sopradetto vizio, e dinomaci entro papa Niccola de li Orsini di Roma perché seguitò simonia; e pone de la terza bolgia de l'inferno.



3
O Simon mago, o miseri seguaci
che le cose di Dio, che di bontate
deon essere spose, e voi rapaci


6
per oro e per argento avolterate,
or convien che per voi suoni la tromba,
però che ne la terza bolgia state.


9
Già eravamo, a la seguente tomba,
montati de lo scoglio in quella parte
ch'a punto sovra mezzo 'l fosso piomba.


12
O somma sapïenza, quanta è l'arte
che mostri in cielo, in terra e nel mal mondo,
e quanto giusto tua virtù comparte!


15
Io vidi per le coste e per lo fondo
piena la pietra livida di fóri,
d'un largo tutti e ciascun era tondo.


18
Non mi parean men ampi né maggiori
che que' che son nel mio bel San Giovanni,
fatti per loco d'i battezzatori;


21
l'un de li quali, ancor non è molt'anni,
rupp'io per un che dentro v'annegava:
e questo sia suggel ch'ogn'omo sganni.


24
Fuor de la bocca a ciascun soperchiava
d'un peccator li piedi e de le gambe
infino al grosso, e l'altro dentro stava.


27
Le piante erano a tutti accese intrambe;
per che sì forte guizzavan le giunte,
che spezzate averien ritorte e strambe.


30
Qual suole il fiammeggiar de le cose unte
muoversi pur su per la strema buccia,
tal era lì dai calcagni a le punte.


33
"Chi è colui, maestro, che si cruccia
guizzando più che li altri suoi consorti",
diss'io, "e cui più roggia fiamma succia?".


36
Ed elli a me: "Se tu vuo' ch'i' ti porti
là giù per quella ripa che più giace,
da lui saprai di sé e de' suoi torti".


39
E io: "Tanto m'è bel, quanto a te piace:
tu se' segnore, e sai ch'i' non mi parto
dal tuo volere, e sai quel che si tace".


42
Allor venimmo in su l'argine quarto;
volgemmo e discendemmo a mano stanca
là giù nel fondo foracchiato e arto.


45
Lo buon maestro ancor de la sua anca
non mi dipuose, sì mi giunse al rotto
di quel che si piangeva con la zanca.


48
"O qual che se' che 'l di sù tien di sotto,
anima trista come pal commessa",
comincia' io a dirI simoniaci, "se puoi, fa motto".


51
Io stava come 'l frate che confessa
lo perfido assessin, che, poi ch'è fitto,
richiama lui per che la morte cessa.


54
Ed el gridò: "Se' tu già costì ritto,
se' tu già costì ritto, Bonifazio?
Di parecchi anni mi mentì lo scritto.


57
Se' tu sì tosto di quell'aver sazio
per lo qual non temesti tòrre a 'nganno
la bella donna, e poi di farne strazio?".


60
Tal mi fec'io, quai son color che stanno,
per non intender ciò ch'è lor risposto,
quasi scornati, e risponder non sanno.


63
Allor Virgilio disse: "Dilli tosto:
"Non son colui, non son colui che credi"";
e io rispuosi come a me fu imposto.


66
Per che lo spirto tutti storse i piedi;
poi, sospirando e con voce di pianto,
mi disse: "Dunque che a me richiedi?


69
Se di saper ch'i' sia ti cal cotanto,
che tu abbi però la ripa corsa,
sappi ch'i' fui vestito del gran manto;


72
e veramente fui figliuol de l'orsa,
cupido sì per avanzar li orsatti,
che sù l'avere e qui me misi in borsa.


75
Di sotto al capo mio son li altri tratti
che precedetter me simoneggiando,
per le fessure de la pietra piatti.


78
Là giù cascherò io altresì quando
verrà colui ch'i' credea che tu fossi,
allor ch'i' feci 'l sùbito dimando.


81
Ma più è 'l tempo già che i piè mi cossi
e ch'i' son stato così sottosopra,
ch'el non starà piantato coi piè rossi:


84
ché dopo lui verrà di più laida opra,
di ver' ponente, un pastor sanza legge,
tal che convien che lui e me ricuopra.


87
Nuovo Iasón sarà, di cui si legge
ne' Maccabei; e come a quel fu molle
suo re, così fia lui chi Francia regge".


90
Io non so s'i' mi fui qui troppo folle,
ch'i' pur rispuosi lui a questo metro:
"Deh, or mi dì: quanto tesoro volle


93
Nostro Segnore in prima da san Pietro
ch'ei ponesse le chiavi in sua balìa?
Certo non chiese se non "Viemmi retro".


96
Né Pier né li altri tolsero a Matia
oro od argento, quando fu sortito
al loco che perdé l'anima ria.


99
Però ti sta, ché tu se' ben punito;
e guarda ben la mal tolta moneta
ch'esser ti fece contra Carlo ardito.


102
E se non fosse ch'ancor lo mi vieta
la reverenza de le somme chiavi
che tu tenesti ne la vita lieta,


105
io userei parole ancor più gravi;
ché la vostra avarizia il mondo attrista,
calcando i buoni e sollevando i pravi.


108
Di voi pastor s'accorse il Vangelista,
quando colei che siede sopra l'acque
puttaneggiar coi regi a lui fu vista;


111
quella che con le sette teste nacque,
e da le diece corna ebbe argomento,
fin che virtute al suo marito piacque.


114
Fatto v'avete dio d'oro e d'argento;
e che altro è da voi a l'idolatre,
se non ch'elli uno, e voi ne orate cento?


117
Ahi, Costantin, di quanto mal fu matre,
non la tua conversion, ma quella dote
che da te prese il primo ricco patre!".


120
E mentr'io li cantava cotai note,
o ira o coscïenza che 'l mordesse,
forte spingava con ambo le piote.


123
I' credo ben ch'al mio duca piacesse,
con sì contenta labbia sempre attese
lo suon de le parole vere espresse.


126
Però con ambo le braccia mi prese;
e poi che tutto su mi s'ebbe al petto,
rimontò per la via onde discese.


129
Né si stancò d'avermi a sé distretto,
sì men portò sovra 'l colmo de l'arco
che dal quarto al quinto argine è tragetto.


132
Quivi soavemente spuose il carco,
soave per lo scoglio sconcio ed erto
che sarebbe a le capre duro varco.
133 Indi un altro vallon mi fu scoperto.
1: Simon mago: Negli Atti degli Apostoli, VIII, 9-20, è raccontato che un certo Simone che praticava l'arte magica in Samaria, volle acquistare tramite denaro il potere degli apostoli di conferire lo Spirito Santo ai battezzandi tramite l'imposizione delle mani e si racconta che Pietro alla sua proposta rispose: "il tuo denaro vada con te in perdizione, perché hai osato pensare di acquistare con denaro il dono di Dio". Dall'episodio di questo Simone si creò quella corrente chiamata simonia, in cui uomini con incarichi ecclesiastici vendono per denaro uffici e beni spirituali. La battaglia interna alla Chiesa contro la simonia è scritta da tempi immemori e Dante, nel suo tempo, sentiva e odiava questo peccato più che gli altri poiché diametralmente contrario alla sua onda morale che con la Comédia andava e va instaurando complice il fatto che questa corruzione si diffondeva oltre il lato spirituale, cioè verso quello politico che con episodi di nepotismo e cupidigia si espandeva esponenzialmente. Il tono gravemente sarcastico e allegro è quello che il poeta usa già precedentemente per levare dignità a qualsiasi dannato che non la meriti mettendo in risalto quanto ora siano ridicoli e grotteschi per le colpe che su nel mondo hanno commesso e per esagitare ancora più la riflessione dell'autore le vittime di questa invettiva sono i papi che in quell'epoca hanno maggiormente abusato di quel fare cioè Clemente V e Bonifacio VIII.
2: le cose di Dio: i beni spirituali, che a chi è buono devono essere sposi, devono essere donati solo a chi fa del bene.
3: e voi rapaci: e voi avidi di cupidigia.
4: avolterate: adulterate, prostituite, facendole sposare con chi di questa legge non vive.
5: la tromba: che era usata dai banditori nelle piazze nel momento di leggere le sentenze emanate dai magistrati.
7: tomba: sta per bolgia.
10: Il tono vocativo continua per cui si vada a creare uno stato d'attesa e cresca l'interesse e l'emozione nel lettore. Quanta è l'arte: quanto meraviglioso il tuo lavoro.
11: nel mal mondo: nell'Inferno.
12: come giustamente distribuisci la potenza, oppure, con quale onestà rigorosa ripartisci pene dolori e premi.
14: livida: di colore grigio nerastro.
15: d'un largo tutti: di uguale grandezza.
17: San Giovanni: il battistero di Firenze, dove, come dice contrasse da piccolo il sacramento del battesimo.
18 - 19 - 20: non è chiaro se "battezzatori" alluda alle fonti battesimali oppure alle persone preposte a quel lavoro anche perché il luogo fu distrutto durante il XVI secolo e a noi non è arrivata nessuna testimonianza riguardo la precedente struttura dell'edificio. In questi versi Dante sente di raccontare come sono andati i fatti nel giorno in cui lui trovandosi al battistero notò che qualcuno stava per annegare in una di quelle che si presume sia una vasca con l'acqua santa e per evitargli la morte certa lo ha rotto affinché potesse di nuovo riuscire a respirare. Tanti sono i commentatori che hanno provato a dare un nome a quel disgraziato senza però avere nessuna prova certa tra le mani.
21: e questo che ora dico sia preso come versione veritiera che vada a togliere d'inganni tutti. Si capisce da questo verso che le persone presenti, più che maliziose, avevano preso il gesto del poeta come poco rispettoso verso il luogo santo invece di dargli lode per aver salvato una vita.
22 - 23 - 24: al di fuori di ciascun foro fuoriuscivano i piedi e le gambe fino alla coscia cosicché l'altra parte dentro rimaneva.
25: le piante dei piede erano arse; nel modo che si racconta nei versi 28-29-30.
26: per che: per la qual cosa. Giunte: giunture, articolazioni, le ginocchia e le caviglie.
27: ritorte: corde fatte di vimini. Strambe: funi forti intrecciate di erbe.
28 - 29 - 30: come fa la fiamma avvicinata a qualcosa di unto che la brucia rasentandola, cosicché la consuma poco alla volta. L'allegoria fine e attenta fa scoprire come il pellegrina sia attento ai dettagli di quello che gli accade attorno: il bruciare del vizio dentro l'uomo lo consuma poco alla volta, con lievi cenni di dolore portandosi così nascostamente all'anima. Strema: forma antica di "estrema".
31: si cruccia: mostra il suo tormento, esprime la sua pena.
32: consorti: compagni di vizio.
33: e cui: a cui (inteso per il soggetto) più rossa, più cocente fiamma succhia, erode.
34: ch'i' ti porti: che io ti porti sollevandoti tra le mie braccia, prendendoti in braccio.
35: la sotto per quella ripida che è più piana, e quindi più agevole. Da questa descrizione possiamo intendere che quest'ottavo cerchio con le sue bolge si abbassa, pende verso il centro dove c'è il pozzo verso il profondo.
37: m'è bel: mi aggrada, mi piace.
38 - 39: dalle Bucoliche di Virgilio: " tu sei il maggiore, è giusto che io ti obbedisca". Sai quel che si tace: sei sensibile e capisci anche quello che non si dice.
40: l'argine quarto: tra la terza e la quarta bolgia.
41: a mano stanca: a sinistra.
42: arto: angusto di difficile cammino.
44: mi giunse al rotto: mi congiunse al buco; dov'era infossata quell'anima.
45: zanca: gamba, nel dettaglio la parte inferiore di quest'ultima. Si pensa che il vocabolo derivi dal bizantino "tsanga" cioè la calzatura degli imperatori. Insieme a "si cruccia guizzando" e altre successive frasi, il poeta vuol dare senso al lettore che qui la dignità è di basso rilievo e facendo formare la figura con cui dialogherà su un aspetto grottesco e davvero poco nobile sempre commisurato alla colpa grave di cui si è tacciato.
46: chiunque tu sia che sei messo sotto sopra. I dannati di questa bolgia hanno amato le cose materiali invece del loro percorso e animo di spirito ed è per questo che sono conficcati in terra, così come loro che avrebbero dovuto desiderare l'aureola del santo si ritrova ad avere un fuoco ai piedi come un'aureola al rovescio.
47: commessa: conficcata, piantata. Il modo con cui Dante parla a quest'anima, come si è detto prima, è da farsa e da scherno proprio perché la dignità del peccatore è talmente irrisoria che viene a mancare la pietà che tante volte prende il poeta con altri dolenti. Il vizioso di cui si parla è Giovanni Gaetano Orsini, in nome papale Niccolò III sul soglio dal 1277 al 1280, si dice di lui che fu uno dei primi (se non il primo) ad usare manifesta simonia in ogni suo operato per ingrandire il potere suo e dei suoi parenti cosicché anche per quel poco tempo che stette al passo di Pietro, riuscì ad aumentare enormemente il suo possesso fatto di castelli e moneta.
49 - 50 - 51: gli assassini a quell'epoca erano i sicari di oggi e uccidevano per denaro, erano puniti con la propagginazione: venivano interrati a testa in giù e un ecclesiaste li confessava prima di essere coperti di terra e morire per soffocazione; molte volte per ritardare la morte, i giudicati, richiamavano il confessore che ritornava con la testa a terra per ascoltare l'altro che ha da dire. Oltre l'ironia di confessare un papa c'è anche il dettaglio per cui il viaggiatore poggiava la testa vicino la parete per ascoltare quello che diceva poiché fitto nel foro.
52: lo scrittore qui viene scambiato per Bonifacio VIII che secondo il dannato viene a prendere il suo posto e in questo scambio il nuovo peccatore spinge il vecchio dentro quelle fessure, come gli altri che già sono all'interno, prendendo a bruciarsi i piedi con l'aureola al rovescio. Il foro a cui il poeta si è accostato è quello dei papi simoniaci e attraverso questa impresa di genio riesce oltre a condannare Bonifacio VIII, ancora vivo al tempo della scrittura del canto, e Clemente V suo successore, a gettare le basi per una feroce critica per quel cattivo costume qual è la simonia.
53: Bonifazio: Benedetto Caetani, papa col nome di Bonifacio VIII dal 1294 al 1303. È il bersaglio più frequente di Dante poiché fu il primo ad immischiare la Chiesa con la politica ingrandendo di molto il suo potere non avendo, poi, contegno di alcun guadagno per il quale si dava ad azioni poco nobili.
54: lo scritto: il libro del futuro, ricordando così che i dannati possono intendere quello che accadrà.
55: aver: possesso, ricchezza.
56 - 57: per il quale avere ingannasti la bella sposa: la Chiesa prostituendola per il vizio della cupidigia. Secondo l'usanza dei teologi medievali il papa è il coniuge della Chiesa; qui vengono ricondotte accuse contro Bonifacio VIII secondo cui per ottenere il potere spirituale ingannò Celestino V spingendolo ad abdicare e in secondo luogo, come già detto, portò la Chiesa ad essere serva del denaro e del potere politico.
60: quasi scornati: confusi dalle parole poco chiare e senza riferimento conosciuto, diffidenti poiché pensano di essere scherniti.
61: tosto: piuttosto dietro alle sue parole, velocemente.
64: storse i piedi: in segno dolore e ira, dopo aver messo alle orecchie di qualcuno che non è il suo successore tra i papi simoniaci quindi dando la sua connotazione di quella colpa e peccato; deluso "sospirando" improvvisamente dopo la sua gioia di perdere il posto in primo piano su cui, ricordiamo, le piante vengono bruciacchiate da una lenta fiammella.
66: dunque che a me richiedi: parole di fastidito dopo l'equivoco poco dignitoso.
67: ti cal cotanto: ti importa così tanto.
68: che tu abbia sceso la ripida discesa o in senso più largo il posto orrendo che è l'Inferno.
69: gran manto: il mantello papale.
70: e veramente: ma in verità. Ha la funzione di distaccare la dignità d'essere papa e il metodo usato nel mentre vizioso e osceno. Figliuol de l'orsa: nei documenti questa linea familiare è attestata come "filiis Ursae" oltre il modo di Dante di nominare l'orso che per se è un animale cupido e ingordo.
71: avanzar: avvantaggiare, privilegiare.
72: che su nel mondo misi in borsa la ricchezza e qui me stesso.
73: son li altri tratti: sono stati ficcati altri papi.
75: piatti: appiattiti, schiacciati.
77: colui: Bonifacio VIII.
78: subito dimando: improvvisa e poco ragionevole domanda.
79 - 80: più lungo è il tempo che io sarò stato qui con i piedi bruciati che quello di Bonifacio quando starà al mio stesso modo; questo perché Niccolò III essendo morto nel 1280, nell'attesa di essere sostituito dall'altro papa simoniaco, è rimasto li circa vent'anni contro gli undici del suo successore.
82: di più laida opra: di colpe ancora più gravi.
83: un pastore dell'anima senza alcuna moralità arriverà dai paesi occidentali; e come fa capire, sarà mosso ancora più arditamente verso il profitto personale tanto che sarà cieco di qualsiasi legge etica e giudiziale.
84: tal: tale che dovrà coprire me e lui. Racconta di Bertrand de Got, ovvero, papa Clemente V nato in Francia e arcivescovo di Bordeaux sul soglio di Pietro dal 1305 al 1314. Si noti che il personaggio di cui parla Dante ora, nel momento della scrittura del Canto, è vivo e quindi si sia basato su quel periodo del suo pontificato per giudicarlo colpevole di simonia e più in genere cupidigia senza qui nominare, se non tramite similitudine, due colpe di pari gravità per il poeta come il passaggio del papato ad Avignone e il tradimento di Arrigo VII.
85: Novo Iasòn: Giasone comprò con 360 talenti la carica di sommo sacerdote degli Ebrei dal re Antioco Epifane, similmente si dice di Clemente V che avesse fatto accordo con Filippo il Bello per farsi eleggere e in cambio del suo potente appoggio, ricompensato di concessioni e spartizioni delle tasse sui territori francesi.
86: molle: accondiscendente.
87: Antioco, così sarà Filippo il Bello.
88: folle: ardito.
90 - 91 - 92: orsù, ora dimmi quanto denaro volle Gesù da San Pietro prima di votarlo a papa?
94 - 95 - 96: neppure gli Apostoli chiesero denaro a Mattia quando gli assegnarono il posto vacante perduto da Giuda Iscariota.
97: però ti sta bene il dolore che ti punge che è giusto a quello che praticasti.
98: guarda: custodisci. La mal tolta moneta: tutta quella ricchezza materiale di cui sei stato avido e cupido. Oltre questa interpretazione c'è anche quella secondo la quale Niccolò III ricevette e accetto oro bizantino da Giovanni da Procida per supportare la rivoluzione siciliana dei Vespri e così portarla su una via più agevole ad essi.
99: è anche palese nella storia di questo papa la sua inimicizia per Carlo D'angiò, poiché aveva mire sulle stesse terre cui lui progettava di espandere il suo dominio.
100 - 101: e se non fosse che anche qui, all'Inferno, il mio rispetto verso il ruolo che ricopristi non diminuisce.
105: appestando i buoni ed esaltando i malvagi, assegnando a questi ultimi premi senz'alcun merito così stravolgendo la legge su cui dovrebbe fondarsi la giustizia umana.
106: di voi scriveva san Giovanni, nella sua profezia (Apocalisse, XVII, 1-3). Nel contesto biblico, il simbolo, è la Roma pagana persa nei vizi, invece Dante riprende il pensiero medievale che ritrae la corruzione della Chiesa per se e sui popoli, ripreso dalle cerchie che volevano attuare un cambiamento come i francescani. Il poeta esprime i suoi pensieri rappresentandoli sulla base di queste immagini quali "le diece corna" che rappresentano i dieci Comandamenti e "le sette corna" che simboleggiano i Sacramenti; tutto questo viene calcato con crudeltà (puttaneggiar) e polemica (al suo marito piacque).
107: l'acque: secondo la simbologia antica rappresenta "populi, et gentes, et linguae" (Apocalisse, XVII, 15), che secondo san Giovanni erano le nazioni dominate dall'Impero, per Dante gli stati al seguito della Chiesa.
108: puttaneggiar: formula l'idea che si fa dei papi corrotti che prostituiscono la Chiesa per i singoli e materiali vantaggi. A lui: da lui.
110: trasse argomento: trasse forza per il suo mandato.
111: suo marito: il papa.
112: ripreso dal Vecchio Testamento dal libro di Osea, 8, 4.
113: che altro è: quale differenza c'è. 114: che il pagano ne adora uno, e voi ne idolatrate cento. Il fedele che Dante nomina non è il nuovo che si attesta alle parole che gli si dicano inviate dal suo Dio tramite scritture e manifestazioni ma è il pagano che senza alcun evento si da alla religiosità di un ideale divino.
115: la considerazione del poeta è data dal fatto accaduto quando l'imperatore Costantino I fu guarito dalla lebbra da papa Silvestro, il re per gratitudine molta secondo la leggenda consegnò in donazione il dominio di Roma. Questo mito, rimasto tale, fu scoperto da Lorenzo Valla che dimostrò tramite trattazione che questo luogo comune non aveva basi, Dante prima di esso non aveva notizie veritiere a riguardo quindi cadendo nell'errore, polemizza sia qui che nel Monarchia, con il rammarico di uno storico e nota che l'inizio della corruzione della Chiesa è dovuto da questo episodio e che da questo si deve la ragione del disordine tra chi doveva invece portare l'uomo su una via più giusta.
116: dote: donazione intesa come ricchezza materiale.
117: patre: padre, papa.
120: spingava: spingeva e si dimenava. Piote: piedi.
122: labbia: espressione facciale. Attese: ascoltò attentamente.
123: vere espresse: la verità di quelle frasi non va ricercata nell'orgoglio che Dante più volte esprime per se stesso, ma nel fatto che questi pensieri così vivacemente esclamati vengono dichiarati con la passione e l'accoramento di una persona che si sente nel giusto e per questo crede fermamente e giudiziosamente in quello che dice.
124: però: perciò, per quello che ho appena detto e fatto che ha compiaciuto Virgilio.
125: quando mi ebbe sollevato fino all'altezza del suo petto.
127: distretto: abbracciato strettamente.
129: tragetto: percorso, via.
130: spuose: depose.
131: sconcio ed erto: mal messo e alto, di difficile passaggio e di faticosa percorrenza.
132: duro: aspro, pesante, arduo.
133: da lì un'altra bolgia (la quarta) fu alla mia vista.
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