La Divina Commedia

Canto Ventesimo

Canto XX, dove si tratta de l'indovini e sortilegi e de l'incantatori, e de l'origine di Mantova, di che trattare diede cagione Manto incantatrice; e di loro pene e misera condizione, ne la quarta bolgia, in persona di Michele di Scozia e di più altri.



3
Di nova pena mi conven far versi
e dar matera al ventesimo canto
de la prima canzon, ch'è d'i sommersi.


6
Io era già disposto tutto quanto
a riguardar ne lo scoperto fondo,
che si bagnava d'angoscioso pianto;


9
e vidi gente per lo vallon tondo
venir, tacendo e lagrimando, al passo
che fanno le letane in questo mondo.


12
Come 'l viso mi scese in lor più basso,
mirabilmente apparve esser travolto
ciascun tra 'l mento e 'l principio del casso,


15
ché da le reni era tornato 'l volto,
e in dietro venir li convenia,
perché 'l veder dinanzi era lor tolto.


18
Forse per forza già di parlasia
si travolse così alcun del tutto;
ma io nol vidi, né credo che sia.


21
Se Dio ti lasci, lettor, prender frutto
di tua lezione, or pensa per te stesso
com'io potea tener lo viso asciutto,


24
quando la nostra imagine di presso
vidi sì torta, che 'l pianto de li occhi
le natiche bagnava per lo fesso.


27
Certo io piangea, poggiato a un de' rocchi
del duro scoglio, sì che la mia scorta
mi disse: "Ancor se' tu de li altri sciocchi?


30
Qui vive la pietà quand'è ben morta;
chi è più scellerato che colui
che al giudicio divin passion comporta?


33
Drizza la testa, drizza, e vedi a cui
s'aperse a li occhi d'i Teban la terra;
per ch'ei gridavan tutti: "Dove rui,


36
Anfïarao? perché lasci la guerra?".
E non restò di ruinare a valle
fino a Minòs che ciascheduno afferra.


39
Mira c' ha fatto petto de le spalle;
perché volse veder troppo davante,
di retro guarda e fa retroso calle.


42
Vedi Tiresia, che mutò sembiante
quando di maschio femmina divenne,
cangiandosi le membra tutte quante;


45
e prima, poi, ribatter li convenne
li duo serpenti avvolti, con la verga,
che rïavesse le maschili penne.


48
Aronta è quel ch'al ventre li s'atterga,
che ne' monti di Luni, dove ronca
lo Carrarese che di sotto alberga,


51
ebbe tra ' bianchi marmi la spelonca
per sua dimora; onde a guardar le stelle
e 'l mar non li era la veduta tronca.


54
E quella che ricuopre le mammelle,
che tu non vedi, con le trecce sciolte,
e ha di là ogne pilosa pelle,


57
Manto fu, che cercò per terre molte;
poscia si puose là dove nacqu' io;
onde un poco mi piace che m'ascolte.


60
Poscia che 'l padre suo di vita uscìo
e venne serva la città di Baco,
questa gran tempo per lo mondo gio.


63
Suso in Italia bella giace un laco,
a piè de l'Alpe che serra Lamagna
sovra Tiralli, c' ha nome Benaco.


66
Per mille fonti, credo, e più si bagna
tra Garda e Val Camonica e Pennino
de l'acqua che nel detto laco stagna.


69
Loco è nel mezzo là dove 'l trentino
pastore e quel di Brescia e 'l veronese
segnar poria, s'e' fesse quel cammino.


72
Siede Peschiera, bello e forte arnese
da fronteggiar Bresciani e Bergamaschi,
ove la riva 'ntorno più discese.


75
Ivi convien che tutto quanto caschi
ciò che 'n grembo a Benaco star non può,
e fassi fiume giù per verdi paschi.


78
Tosto che l'acqua a correr mette co,
non più Benaco, ma Mencio si chiama
fino a Governol, dove cade in Po.


81
Non molto ha corso, ch'el trova una lama,
ne la qual si distende e la 'mpaluda;
e suol di state talor esser grama.


84
Quindi passando la vergine cruda
vide terra, nel mezzo del pantano,
sanza coltura e d'abitanti nuda.


87
Lì, per fuggire ogne consorzio umano,
ristette con suoi servi a far sue arti,
e visse, e vi lasciò suo corpo vano.


90
Li uomini poi che 'ntorno erano sparti
s'accolsero a quel loco, ch'era forte
per lo pantan ch'avea da tutte parti.


93
Fer la città sovra quell'ossa morte;
e per colei che 'l loco prima elesse,
Mantüa l'appellar sanz'altra sorte.


96
Già fuor le genti sue dentro più spesse,
prima che la mattia da Casalodi
da Pinamonte inganno ricevesse.


99
Però t'assenno che, se tu mai odi
originar la mia terra altrimenti,
la verità nulla menzogna frodi".


102
E io: "Maestro, i tuoi ragionamenti
mi son sì certi e prendon sì mia fede,
che li altri mi sarien carboni spenti.


105
Ma dimmi, de la gente che procede,
se tu ne vedi alcun degno di nota;
ché solo a ciò la mia mente rifiede".


108
Allor mi disse: "Quel che da la gota
porge la barba in su le spalle brune,
fu - quando Grecia fu di maschi vòta,


111
sì ch'a pena rimaser per le cune -
augure, e diede 'l punto con Calcanta
in Aulide a tagliar la prima fune.


114
Euripilo ebbe nome, e così 'l canta
l'alta mia tragedìa in alcun loco:
ben lo sai tu che la sai tutta quanta.


117
Quell'altro che ne' fianchi è così poco,
Michele Scotto fu, che veramente
de le magiche frode seppe 'l gioco.


120
Vedi Guido Bonatti; vedi Asdente,
ch'avere inteso al cuoio e a lo spago
ora vorrebbe, ma tardi si pente.


123
Vedi le triste che lasciaron l'ago,
la spuola e 'l fuso, e fecersi 'ndivine;
fecer malie con erbe e con imago.


126
Ma vienne omai, ché già tiene 'l confine
d'amendue li emisperi e tocca l'onda
sotto Sobilia Caino e le spine;


129
e già iernotte fu la luna tonda:
ben ten de' ricordar, ché non ti nocque
alcuna volta per la selva fonda".
130 Sì mi parlava, e andavamo introcque.
1: nova pena: un'altra pena.
2: matera: argomento, trattazione. Canto: è il termine tecnico usato dal poeta per nominare i vari capitoli delle tre "canzoni" cioè delle tre Cantiche che formano la sua opera.
3: è d'i sommersi: dei sprofondati sotto terra, dei peccatori finiti all'Inferno.
4: disposto: pronto e consapevole con tutta la volontà.
5: scoperto: viene ripresa la parola con cui si chiude il Canto precedente.
8 - 9: al passo che fanno le letane: al modo di camminare lentamente che hanno le processioni.
10: quando lo sguardo andava ad abbassarsi per potere osservarli.
11: mirabilmente: detta col senso di stupore e sorpresa.
12: tra il mento e il busto; vale a dire il collo.
13: il volto di ciascuno è stravolto sulle spalle. Questi peccatori sono indovini, maghi, streghe e astrologi; qui la loro espiazione sta a definire questo contrappasso in più modi: si indentifica col peccato di aver voluto guardare troppo in avanti nel destino degli uomini finendo così col sguardo volto indietro, hanno corso oltre il limite imposto all'uomo e adesso procedono lentamente, hanno parlato di cose che all'uomo non è dato conoscere e adesso devono tacere, questi dettami alla loro colpa sono contornati da un'azione ingegnosa del poeta che fa perdere dignità e pietà in loro facendo cadere le loro lacrime, che sono sentimento più puro dell'uomo, tra le natiche.
14 - 15: e li era più facile camminare all'indietro poiché guardare davanti non li era più consentito.
16 - 17 - 18: forse per colpa di una paralisi qualcuno si travolse in quel modo; ma io non lo mai visto.
19: ti permetta Dio di cogliere il frutto della lettura di questo mio scritto.
20: or pensa per te stesso: pensa a quello che tu avresti fatto nella mia condizione.
21: avrei potuto evitare di piangere.
22: l'immagine e secondo la dottrina cristiana fatta a somiglianza di Dio.
24: per lo fesso: per la fessura, per il taglio tra le natiche.
25: Certo: e infatti. Rocchi: massi. Il frutto della pietà di Dante, che sgorga in pianto, viene a nascere dalle radici più profonde della sua conoscenza e che vede contrapposte la ragione e la fantasia. Il dolore che prova quando vede lo stravolgimento che hanno nella loro natura i dannati di questo Canto viene artificiosamente e in modo geniale a caratterizzare la reazione di Virgilio (che ricordiamo è l'allegoria della ragione), in questo modo il poeta mette davanti al giudizio del suo maestro gli indovini del passato: Anfiarao, Mira, Tiresia, Manto, Euripilo che la passione, come dirà più avanti attraverso la sua guida, abbraccia e che invece la filosofia e la polemica cristiana aborra.
27: de altri sciocchi: di quelli che si commuovono del destino degli ignobili.
28: qui si è pietosi quando si è cinici. Il "qui" può esser riferito alla bolgia (chi è più stupido di chi è pietoso per chi ha usurpato il disegno divino?), al basso inferno (chi è più stupido di chi è pietoso per chi ha frodato la volontà di Dio?) o a tutto il sistema (chi è più stupido di chi è pietoso per chi è sottomesso dalla perfetta giustizia divina?) scelta più probabile seguendo l'idea di "giudicio divin".
31: a cui: quello al quale. Tratta ora di Anfiarao uno dei sette re che assediarono Tebe punito qui per le sue arti divinatorie che prevedendo di perdere la vita in battaglia cercò di nascondersi ma per un tradimento di sua moglie Eriffe è costretto a dirigersi sul campo di guerra e mentre è intento ad attaccare la terra si apre sotto i suoi piedi la terra cadendo miseramente all'Inferno. La irrisione espressa da Dante, che mette in ridicolo chi pratica le arti divinatorie con lo stesso destino a cui va incontro, è ripresa da un altro punto del poema latino: quando Minosse vede precipitare Anfiarao nell'Ade.
32: a li occhi: dinanzi a li occhi.
33: rui: rovini, precipiti.
36: Minòs: Minosse, il giudice dell'Inferno che viene messo dal poeta all'inizio dell'Inferno vero e proprio nel quinto Canto.
37: vedi chi ha la testa girata sulle spalle.
39: fa retroso calle: cammina all'indietro.
40 - 41 - 42: Tiresia è un altro famoso indovino che partecipava nelle file dell'esercito greco durante la battaglia di Tebe. Avendo diviso due serpenti mentre erano nell'atto sessuale era stato trasformato in donna, ritornando uomo solo quando ritrovando, sette anni dopo, i due animali li riunì e la leggenda del suo diventare indovino segue la storia di Giunone e Giove che durante una disputa sull'argomento del piacere durante l'unione decisero di chiedere a Tiresia notando il fatto che lui era stato sia donna che uomo, quest'ultimo dando ragione al dio fu accecato da Giunone facendolo diventare anche un indovino.
46: Aronta: altro che predisse la vittoria di Cesare contro Pompeo. Al ventre li s'atterga: vien dietro a Tiresia, tocca con le sue spalle il ventre di Tiresia, per la colpa a loro attribuita che li ha fatti stravolgere nell'aspetto.
47: Luni: è un'antica città etrusca che al tempo di Dante era ormai abbandonata e desolata, da essa deriva il nome della regione della Lunigiana. Dove ronca: dove i contadini di Carrara seminavano e coltivavano quelle terre fino a quando era tempo del raccolto, infatti il verbo "roncare" veniva usato anche per "disboscare, coltivare" anche usato per l'attrezzo del lavoro "roncola". Qui non va pensata terra tanto estesa atta alla semina ma uno spazzo ripidi e un poco sterile su cui si sentiva la necessità di produrre poiché si era svantaggiati e si era arretrati nel commercio, così in Lunigiana, e più precisamente nel Carrarese, che non si era ancora avviata appieno l'estrazione del marmo e i mercati dovevano essere lunghe distanze dal territorio.
49: spelonca: lunga e ampia caverna, in Dante prende l'accezione di rifugio per gente disonesta come nel Canto 22 e versi 76-78 del Paradiso.
51: tronca: rotta, impedita.
53: che tu non vedi: perché ha la testa stravolta all'indietro e i capelli vanno a finire sul seno che viene coperto. Sciolte: poiché secondo la tradizione per le maghe tacciate da Dio.
55: Manto: figlia di Tiresia che fuggì da Tebe dopo la morte del padre ed evitando l'autarchia di Creonte viaggiò fino a quando giunse nel punto dove si dice sia nata Mantova e vi si insediò. Cercò: vagò.
57: nel discorso di Virgilio ora sarà descritta l'origine di Mantova andando lui stesso a ritrattare quello che ha scritto nell'Eneide. Attuando questo, Dante, pone davanti alle ipocrisie e alle superstizioni che all'epoca aleggiavano sulle discussioni delle nascite delle città, razionalizza il mito che fino ad allora, almeno Mantova, ricorreva fra molti.
58: 'l padre suo: Tiresia.
59: divenne serve di Creonte della città di Bacco, cioè Tebe che era protetta da Bacco.
60: gìo: girovagò, viaggiò.
62 - 63: il tratto delle Alpi che conduce il confine del sud della Germania (Lamagna) e il nord del Tirolo (Tiralli, dalla forma ladina) dove ha regime il lago di Garda (Benaco).
64 - 65 - 66: la terra tra la Val Camonica, il paese di Garda e la zona delle Alpi appenniniche viene bagnata dalle innumerevoli fonti che vanno a formare il lago di Garda.
67 - 68 - 69: parla dell'isola più grande del Garda sua omonima su cui giace un monastero, in effetti tra la giurisdizione dei vescovati di Brescia, di Trento e di Verona; altre voci sostengono che sarebbe un'altra zona conosciuta personalmente da Dante, rifacendosi al vocabolo "fesse" come "fendere" e quindi aprire, rendere percorribile, ma, stando alla prima più credibile ipotesi, questa frase sarebbe associata ironicamente al fatto che chi ha la giurisdizione spirituale non ci fa mai passaggio.
70: arnese: roccaforte, fortezza. Peschiera era uno dei principale baluardi di difesa dei Scalingeri di Verona contro gli assalti di Brescia e dei bergamaschi.
72: dove la riva del lago è più bassa.
73: così è quando il lago non può più contenere acqua e qui trabocchi l'eccesso.
76: mette co: mette corso, forma il fiume.
78: Governol: Governolo.
79: dopo poco tragitto diventa un fiume basso, quasi una palude; "lama" era modo di chiamare una palude all'epoca.
81: grama: malsana. Diventando acquitrinosa, d'estate con le temperature canicolari, quella zona diventa malsana.
82: passando per questo luogo Manto; rappresentata non come nel testo di Virgilio e cioè moglie di Tosco e madre di Ocno ma come in Stazio, per l'intento che Dante vuole assumere, come vergine e crudele.
84: nuda: deserta, priva.
86: si fermò e colonizzò quelle terre continuando con i suoi servi le arti divinatorie.
87: vano: senz'anima, ma qui prende tono più spregiativo come nel verso 91 "le ossa morte".
89: s'accolsero: si unirono. Forte: ben difeso per via delle paludi che intorno giacevano.
91: fer: fondarono. Sovra quell'ossa morte: sul luogo dove era sita la tomba.
92: elesse: scelse.
93: sanz'altra sorte: dandogli il nome solo perché lei regnava qui. Si deve intendere che tutto lo stratagemma intrapreso da Dante nel purificare quei casi, che allora venivano tacciati di stregoneria, per la via di una fede più nobile: quella cristiana; ed è per questo che il riferimento viene fatto in strettissimo campo con la rinuncia di Virgilio a quello che egli stesso dice nell'Eneide portato poi, come il poeta sa fare, al campo più largo possibile toccando chiunque abbia descritto o attuato quelle pratiche.
94 - 95 - 96: la popolazione di Mantova fu già più numerosa, prima che l'idiozia di Alberto Casalodi subisse l'inganno di Pinamonte dei Bonaccolsi che si impadronì della città. Negli anni precedenti alla truffa Pinamonte aveva molto seguito tra il popolo, viceversa l'aristocrazia del luogo era molto invisa, in questa situazione l'ingannatore suggerì al conte Alberto da Casalodi di allontanare quei nobili nei castelli fuori città nel frattempo che egli mediava gli animi bollenti di Mantova. Con molta sorpresa invece attaccò la signoria e ammazzò tutti i nobili che li accasavano, tutto contornato dalla grande gioia del popolo. Questa ripresa sembra che faccia riferimento e voglia dar lezione a Firenze in cui gli animi odiosi, da una parte all'altra, stanno degradando tutta la cittadina, i suoi costumi e quindi l'immagine di essa.
97: t'assenno: ti ammonisco, ti redarguisco.
98: narrare altre origini della mia terra. Per esempio riprendendo come fondatore, dall'Eneide, Ocno figlio di Manto o egli stessa come si dice nelle Etimologie di Isidoro di Siviglia.
99: la verità (della nascita di questo luogo) non sia corrotta da nessuna menzogna.
102: carboni spenti: inutili ragionamenti.
103: procede: che avanza nella bolgia.
105: perché solo a questo io ritorno a porre attenzione, dopo la parentesi aperta su Mantova.
107: poggia la barba sulle spalle, per via dello stravolgimento della loro natura.
108 - 109: quando dalla Grecia tutti gli uomini partirono per la guerra di Troia cosicché ne rimasero solo i bambini nelle culle (cune).
110 - 111: insieme a Calcante, propiziò e determinò il momento in cui tutta la flotta, radunata ad Aulide, dovette partire. Augure: di buon auspicio.
112: Euripilo: è l'indovino che fu inviato dai greci al tempio di Apollo per consultarlo su come far placare le tempeste che non facevano partire loro verso Troia e la risposta data fu: "col sangue della vergine placasti i venti, quando nel primo caso, o Danai, veniste sulle rive di Ilio; col sangue dovete guadagnarvi il ritorno, sacrificando una vita Argolica". Sapendo che Euripilo non era con i greci quando Troia bruciava, il poeta poteva aver errato prendendo come giusto "placasti" arrivando a considerare quell'ipotesi.
113: l'alta mia tragedía: il mio poema, l'Eneide. Per tragedia, Dante, intende il voler esprimere un sentimento profondo con lo stile più virtuoso, la grandezza della logica e l'altezza massima dei vocaboli.
115: poco: magro, esile.
116: Michele Scotto: Michael Scot fu un filosofo, astrologo e alchimista scozzese al seguito di Federico II che gli diede il compito di mettere in pratiche le sue arti divinatorie; tradusse, inoltre, Aristotele tramite Avicenna e Averroè così contribuendo a far conoscere il massimo filosofo greco all'Europa.
117: il gioco: i modi e i fini.
118: Guido Bonatti: da Forlì, anche lui fu alla corte di Federico II con successivi servizi con Ezzelino III da Romano, Guido Novello da Polenta e Guido da Montefeltro. Divenuto famoso, perlopiù, all'epoca per aver predetto la vittoria a Montaperti dei ghibellini. Asdente: fu un calzolaio ("inteso al cuoio e a lo spago" verso 119) di Parma, che dopo aver messo da parte il suo mestiere si diede totalmente per l'arte divinatoria che per molti era più di carattere naturale che per studio e scienza.
121: triste: miserevoli, senza onore.
123: con erbe e con imago: con pozioni e immaginette per i loro sortilegi.
124 - 125 - 126: la luna sta toccando il confine che separa l'emisfero settentrionale da quello meridionale (secondo la teoria aristotelica), quindi ci troviamo all'incirca alle sei del mattino. Viene rappresentata qui la leggenda popolare secondo la quale la luna veniva rappresentata come Caino che trasportava delle spine; volutamente annessa qui per rafforzare il concetto di falso sulle tematiche della stregoneria e della preveggenza.
128: non ti nocque: non ti fu dannosa, ti fu di vantaggio la luna.
130: introque: nel mentre, frattanto.
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