La Divina Commedia

Canto Quarto

Canto Quarto, nel quale mostra del primo cerchio de l'inferno, luogo detto Limbo, e quivi tratta de la pena de' non battezzati e de' valenti uomini, li quali moriron innanzi l'avvenimento di Gesù Cristo e non conobbero debitamente Idio; e come Iesù Cristo trasse di questo luogo molte anime.



3
Ruppemi l'alto sonno ne la testa
un greve truono, sì ch'io mi riscossi
come persona ch'è per forza desta;


6
e l'occhio riposato intorno mossi,
dritto levato, e fiso riguardai
per conoscer lo loco dov'io fossi.


9
Vero è che 'n su la proda mi trovai
de la valle d'abisso dolorosa
che 'ntrono accoglie d'infiniti guai.


12
Oscura e profonda era e nebulosa
tanto che, per ficcar lo viso a fondo,
io non vi discernea alcuna cosa.


15
"Or discendiam qua giù nel cieco mondo",
cominciò il poeta tutto smorto.
"Io sarò primo, e tu sarai secondo".


18
E io, che del color mi fui accorto,
dissi: "Come verrò, se tu paventi
che suoli al mio dubbiare esser conforto?".


21
Ed elli a me: "L'angoscia de le genti
che son qua giù, nel viso mi dipigne
quella pietà che tu per tema senti.


24
Andiam, ché la via lunga ne sospigne".
Così si mise e così mi fé intrare
nel primo cerchio che l'abisso cigne.


27
Quivi, secondo che per ascoltare,
non avea pianto mai che di sospiri
che l'aura etterna facevan tremare;


30
ciò avvenia di duol sanza martìri,
ch'avean le turbe, ch'eran molte e grandi,
d'infanti e di femmine e di viri.


33
Lo buon maestro a me: "Tu non dimandi
che spiriti son questi che tu vedi?
Or vo' che sappi, innanzi che più andi,


36
ch'eiGli innocenti non peccaro; e s'elli hanno mercedi,
non basta, perché non ebber battesmo,
ch'è porta de la fede che tu credi;


39
e s'e' furon dinanzi al cristianesmo,
non adorar debitamente a Dio:
e di questi cotai son io medesmo.


42
Per tai difetti, non per altro rio,
semo perduti, e sol di tanto offesi
che sanza speme vivemo in disio".


45
Gran duol mi prese al cor quando lo 'ntesi,
però che gente di molto valore
conobbi che 'n quel limbo eran sospesi.


48
"Dimmi, maestro mio, dimmi, segnore",
comincia' io per volere esser certo
di quella fede che vince ogne errore:


51
"uscicci mai alcuno, o per suo merto
o per altrui, che poi fosse beato?".
E quei che 'ntese il mio parlar coverto,


54
rispuose: "Io era nuovo in questo stato,
quando ci vidi venire un possente,
con segno di vittoria coronato.


57
Trasseci l'ombra del primo parente,
d'Abèl suo figlio e quella di Noè,
di Moïsè legista e ubidente;


60
Abraàm patrïarca e Davìd re,
Israèl con lo padre e co' suoi nati
e con Rachele, per cui tanto fé,


63
e altri molti, e feceli beati.
E vo' che sappi che, dinanzi ad essi,
spiriti umani non eran salvati".


66
Non lasciavam l'andar perch'ei dicessi,
ma passavam la selva tuttavia,
la selva, dico, di spiriti spessi.


69
Non era lunga ancor la nostra via
di qua dal sonno, quand'io vidi un foco
ch'emisperio di tenebre vincia.


72
Di lungi n'eravamo ancora un poco,
ma non sì ch'io non discernessi in parte
ch'orrevol gente possedea quel loco.


75
"O tu ch'onori scïenzïa e arte,
questi chi son c' hanno cotanta onranza,
che dal modo de li altri li diparte?".


78
E quelli a me: "L'onrata nominanza
che di lor suona sù ne la tua vita,
grazïa acquista in ciel che sì li avanza".


81
Intanto voce fu per me udita:
"Onorate l'altissimo poeta;
l'ombra sua torna, ch'era dipartita".


84
Poi che la voce fu restata e queta,
vidi quattro grand'ombre a noi venire:
sembianz'avevan né trista né lieta.


87
Lo buon maestro cominciò a dire:
"Mira colui con quella spada in mano,
che vien dinanzi ai tre sì come sire:


90
quelli è Omero poeta sovrano;
l'altro è Orazio satiro che vene;
Ovidio è 'l terzo, e l'ultimo Lucano.


93
Però che ciascun meco si convene
nel nome che sonò la voce sola,
fannomi onore, e di ciò fanno bene".


96
Così vid'i' adunar la bella scola
di quel segnor de l'altissimo canto
che sovra li altri com'aquila vola.


99
Da ch'ebber ragionato insieme alquanto,
volsersi a me con salutevol cenno,
e 'l mio maestro sorrise di tanto;


102
e più d'onore ancora assai mi fenno,
ch'e' sì mi fecer de la loro schiera,I grandi poeti
sì ch'io fui sesto tra cotanto senno.


105
Così andammo infino a la lumera,
parlando cose che 'l tacere è bello,
sì com'era 'l parlar colà dov'era.


108
Venimmo al piè d'un nobile castello,
sette volte cerchiato d'alte mura,
difeso intorno d'un bel fiumicello.


111
Questo passammo come terra dura;
per sette porte intrai con questi savi:
giugnemmo in prato di fresca verdura.


114
Genti v'eran con occhi tardi e gravi,
di grande autorità ne' lor sembianti:
parlavan rado, con voci soavi.


117
Traemmoci così da l'un de' canti,
in loco aperto, luminoso e alto,
sì che veder si potien tutti quanti.


120
Colà diritto, sovra 'l verde smalto,
mi fuor mostrati li spiriti magni,
che del vedere in me stesso m'essalto.


123
I' vidi Eletra con molti compagni,
tra' quai conobbi Ettòr ed Enea,
Cesare armato con li occhi grifagni.


126
Vidi Cammilla e la Pantasilea;
da l'altra parte vidi 'l re Latino
che con Lavina sua figlia sedea.


129
Vidi quel Bruto che cacciò Tarquino,
Lucrezia, Iulia, Marzïa e Corniglia;
e solo, in parte, vidi 'l Saladino.


132
Poi ch'innalzai un poco più le ciglia,
vidi 'l maestro di color che sanno
seder tra filosofica famiglia.


135
Tutti lo miran, tutti onor li fanno:
quivi vid'ïo Socrate e Platone,
che 'nnanzi a li altri più presso li stanno;


138
Democrito che 'l mondo a caso pone,
Dïogenès, Anassagora e Tale,
Empedoclès, Eraclito e Zenone;


141
e vidi il buono accoglitor del quale,
Dïascoride dico; e vidi Orfeo,
Tulïo e Lino e Seneca morale;


144
Euclide geomètra e Tolomeo,
Ipocràte, Avicenna e Galïeno,
Averoìs che 'l gran comento feo.


147
Io non posso ritrar di tutti a pieno,
però che sì mi caccia il lungo tema,
che molte volte al fatto il dir vien meno.


150
La sesta compagnia in due si scema:
per altra via mi mena il savio duca,
fuor de la queta, ne l'aura che trema.
151 E vegno in parte ove non è che luca.
1: l'alto: profondo. Verso, anche questo ripreso similmente dall'Eneide.
2: un greve truono: pauroso boato. Va a dare continuazione al Canto precedente, con la conclusione di quell'avvenimento naturale che fa svenire il poeta.
3: per forza: con violenza, con furia.
5: dritto levato: sollevatomi da terra.
7: vero è: sta di fatto. L'Alighieri qui vuol far intendere che si è trovato dall'altra parte del fiume Acheronte inaspettatamente, e non ci dice soprattutto chi o cosa l'abbia portato sull'altra riva; questo sta ad enfatizzare la dinamicità di tutto il costrutto. Proda: orlo, precipizio.
9: truono: fragore, frastuono. Guai: lamenti, frustrazioni.
11: per ficcar: per quanto ficassi, per quanto mi sforzavo nell'osservare.
13: cieco: privo della luce di Dio.
16: e io: da notare che Dante è la prima volta che nomina se stesso senza però rivelare chi lui sia. Color: il viso pallido di Virgilio viene adesso interpretato dal pellegrino come emozione di paura ma più tardi scopriremo cos'è.
18: dubbiare: timore, paura, angoscia; usato nell'italiano antico per codeste emozioni.
19: l'angoscia: il doloroso espiare.
21: per tema senti: l'emozione di paura che Dante interpreta non è altro che pietà e tristezza e commiserazione verso le anime di questo girone.
24: il primo cerchio: si parla del Limbo nel quale vagano le anime che non sono entrate nella grazia di Dio non essendo stati battezzati e non avendo colpe specifiche. La grande arte rivoluzionaria del poeta lo porterà non solo a inserirci i non battezzati, ma anche personaggi di altre religioni come pagani e musulmani. Essi venivano ripugnati dai teologi cristiani per il loro credo e di conseguenza non venivano giudicati come uomini, Dante lo fa distinguendosi non solo dai critici ma da tutto il resto del mondo incappando nel giudizio di eresia di alcuni teologi tradizionalisti.
25: il pellegrino avendo la vista impedita dalle tenebre fa affidamento all'udito.
26: non avea: non c'era. I peccatori di questo girone esprimono il loro dolore, la loro angoscia con dei sospiri.
28: questo avveniva a causa di un dolore interiore.
30: viri: uomini.
31: da notare che l'Alighieri non chiede ancora nulla a Virgilio, per quel rimprovero fattogli nel Canto III ai versi 76 - 78, e appunto qui il maestro gli chiede "come fai a non chiedermi qualcosa su quel che qui sta accadendo".
33: andi: vada.
34: non peccaro: non peccarono in modo da avere punimento per una colpa specifica; come afferma dopo, color che lì vivono non sono stati battezzati ed è questo l'unico torto per il quale non possono sedere con i beati. Mercedi: meriti, valore, riconoscimento.
36: porta: alcuni leggono parte, ma nella disposizione della frase e nella logica della stessa si inserisce meglio porta.
37: dinanzi al: prima del.
38: non seguirono la legge ebraica che adorava e venerava Dio prima dell'avvento di Cristo.
40: rio: colpa, errore, sbaglio.
41: e soldi tanto offesi: e solo per questo veniamo puniti.
42: viviamo in eterno con il desiderio di poter vedere il cielo, senza però avere speranza di poter avverarlo.
43 - 44: Dante, quasi sconcertato di Virgilio, non riesce a capacitarsi sul destino datogli. Nella linea del suo pensiero non riesce ad intendere come mai alcune anime d'alto valore (tra cui Virgilio) possano soffrire in quel modo avendo dimostrato nella vita terrena di essere persone che hanno fatto del bene, ma non riuscendo a trovare la soluzione con la ragione, si arrende al mistero della fede.
46: dimostrazione di compassione e pietà verso l'anima di Virgilio che crede ormai perduta e gli commisera con tutta la dolcezza che può per fargli capire che gli è vicino.
48: errore: dubbio.
49: uscicci: usciti qui. Ci è usato molte volte come particella di luogo.
51: coperto: indiretto, sottointeso, allusivo.
52: io era nuovo: risiedevo da poco tempo nel Limbo (essendo Virgilio morto nel 19 a.C. e Gesù nel 33 d.C.) cioè da poco più di cinquant'anni.
54: lo scrittore qui probabilmente intende Gesù Cristo e potrebbe averlo ripreso da rappresentazioni medievali o anche dal vangelo di Nicodemo. Alcuni critici però pensano che dal poeta venga raffigurato per far percepire la potenza del divino e per dare più espressione al Canto.
55: trasseci: trasse di qui, portò via di qui. Parente: padre, d'Abele cioè Adamo.
59: Giacobbe con il padre Isacco e con i suoi figli.
60: per avere in moglie Rachele, Giacobbe dovette lavorare per quattordici anni per suo padre.
62 - 63: prima di loro non fu salvato nessun altro.
64: non fermammo il nostro andare per il fatto che Virgilio parlasse.
66: di spiriti spessi: piena d'anime. Il pellegrino, in differenza dagli uomini di valore che verranno dopo, non nomina alcuno di questi che adesso affianca.
68: di qua dal sonno: dal luogo del mio risveglio.
69: che una parte delle tenebre vinceva.
70: di lungi v'eravamo ancora: eravamo un pò lontani da fuoco.
71 - 72: riesco a percepire un poco, da che anime d'onore è presieduto quel luogo.
73: scienza e arte: il sapere e la retorica, la dottrina e la tecnica. Erano, secondo il pensiero medievale gli strumenti necessari al poeta.
74: cotanta orranza: tanto onore.
75: privilegiandoli agli altri.
76 - 77 - 78: l'onorata fama che hanno nella vita terrena, acquista grazia in cielo che fa si che li privilegi.
79: voce: il poeta non ci dichiara chi è, ma esclama il ritorno di Virgilio nel Limbo.
84: nè trista nè lieta: vantaggio in confronto alle altre anime del Limbo che sospirano per il loro malessere.
88 - 89 - 90: Omero era conosciuto dall'Alighieri solo tramite scritture di Cicerone, Seneca ed altri, e tramite questi sapeva che era immenso e infatti per ammirazione lo descrive con una spada in mano e davanti agli altri. Orazio, ricordato qui soprattutto per i sermoni e le epistole; Ovidio di cui aveva stima e Lucano poeta da cui prese esempio insieme a Virgilio e Stazio.
91 - 92 - 93: poichè essi hanno il mio stesso titolo (di poeta), ricordato dalla voce prima, mi fanno onore e con questo onorano anche se stessi. È un atto di modestia e riverenza verso i più grandi che furono prima di lui.
94: scola: compagnia, comitiva ma anche coloro che hanno dato le basi del sapere.
95 - 96: quel segnor: Omero. Nella storia lui è stato il a poetare e per questo viene visto come altissimo e come aquila che nessuno può raggiungere.
97: ragionato: parlato.
99: di tanto: di questo. Quasi come una raccomandazione di Virgilio agli altri poeti verso Dante per tenerlo in considerazione del suo talento.
100: fenno: fecero.
101 - 102: si degnarono di farmi entrare nella cerchia dei saggi, (visto da Dante con grande importanza) così fui sesto nella scuola dei poeti famosi. Uno atto di coraggio e di superbia quello dello scrittore che si mette sesto in importanza storica tra i poeti; consideriamo che il sommo poeta era uno sconosciuto.
103: a la lumera: il fuoco visto nel verso 68.
104: che 'l tacere è bello: lo stare zitto è fonte di guadagno, ascoltando quei saggi. Si suppone parlassero della loro professione poetica con qualche lode verso Dante, che egli non descrive per modestia e per non oscurare quei saggi.
106 - 107 - 108: su questa ambientazione i critici discordano in massa. La tesi che più pare collegarsi allo scenario è quella del castello simboleggiante la sapienza umana, le sette mura le parti della filosofia (fisica, metafisica, etica, politica, economica, matematica, dialettica). Altri pensano che simboleggi il trivio e il quadrivio, l'altra ipotesi le virtù morali e quelle speculative.
111: prato: anche nell'Odissea e nell'Eneide gli uomini di valore risiedono in un prato.
112: tardi e gravi: nel carattere delle persone d'onore, il parlare con compostezza, dignità, nobiltà.
114: rado: non vuol dire poco ma con significato e concisione. Soavi: dolci.
115: un dè canti: uno dei cantoni, da un angolo.
120: che dal vedere: che a ricordare - o anche - che nel vederli. M'essalto: mi esalto, vado in estasi.
121: Eletra: madre di Dardano, fondatore di Dardania. Con molti compagni: con tutti i suoi discendenti.
123: grifagni: come un grifone, cioè come un combattente, uno sparviero.
124: Cammilla: proposta nel Canto primo verso 107. Pantasilea: la regina delle amazzoni.
125 - 126: Latino e Lavina personaggi del Virgilio.
128: Lucrezia: moglie di Collatino. Julia: figlia di Giulio Cesare. Marzia: moglie di Catone. Corniglia: o Cornelia figlia di Scipione e madre dei Gracchi.
129: solo: perché musulmano e quindi di un'altra religione. 'l Saladino: Salah-ed-Din, Dante lomette qui per il suo coraggio e valore nel conquistare la libertà del suo popolo.
130 - 131: avendo a quei tempi maggior valore la vita contemplativa di quella attiva, Aristotele ('l maestro) filosofo morale viene posto ad un livello più alto.
134 - 135: i due grandissimi filosofi morali ed etici stanno più vicini ad Aristotele poichè "'l maestro" è stato il continuatore e perfezionatore delle loro arti.
137: Tale: Talete di Mileto.
138: Zenone: non sappiamo se parla dello Stoico o dell'Eleate, avendo lui avuto opinioni e scritti indiretti di loro. 139 - 140 - 141: Dioscoride medico del primo secolo che fu autore di uno scritto sulle qualità (del quale) delle erbe e sulle loro funzioni. Orfeo, Lino: poeti lirici greci. Questi ultimi non si capisce perché vengano messi accanto a Cicerone (Tullio) e Seneca (detto morale per i suoi scritti sull'etica).
143: Avicenna: Ibs-Sina, medico e filosofo morto nel 1036. Galieno: Geleno, medico del secondo secolo a.C..
144: Averoìs: Ibn-Roschd, medico e filosofo anche lui che però Dante cita per i commenti fatti agli scritti di Aristotele, che poi Michael Scot porterà alla luce.
146: caccia: incalza, pressa.
147: avrei potuto raccontare di molti altri spiriti.
148: il gruppo dei sei poeti in due si divide.
150: fuori dalla quiete del castello, nell'area del Limbo dove ci son sospiri.
151: e arrivo in un luogo dove tutto è tenebra, dove non c'è luce.
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